Istituto di Vienna: la Russia cresce, i Paesi senza euro crescono; l’Eurozona si contrae

 

Nel suo rapporto di previsione estivo, l’Istituto di Vienna per gli Studi Economici Internazionali (WIIW) ha nuovamente rivisto al rialzo le previsioni di crescita per l’economia russa, mostrando come in Europa il divario tra un est in crescita e un ovest in contrazione stia aumentando. I dati sulla produzione industriale usciti pochi giorni dopo la pubblicazione del rapporto ne rafforzano le conclusioni, dimostrando ancora una volta che la politica delle sanzioni e il cosiddetto Green Deal si sono trasformati in un boomerang mortale per le economie dell’UE.

Tuttavia, i Paesi che non hanno adottato l’euro come moneta stanno ottenendo risultati migliori rispetto a quelli dell’Eurozona. “Per il 2024, il WIIW prevede una crescita media del 2,6% per i membri dell’UE [non appartenenti all’Eurozona], che salirà al 3% nel 2025. Ciò significa che quest’anno probabilmente supereranno in modo significativo l’area dell’euro, che rimarrà quasi stagnante (0,6%); e l’anno prossimo cresceranno quasi due volte più velocemente dell’area dell’euro (1,6%)”.

Per quanto riguarda la Russia, “c’è una revisione al rialzo di 0,4 punti percentuali per l’aggressore, la Russia. Così questo Paese, sempre più orientato verso un’economia di guerra, crescerà probabilmente a un tasso simile quest’anno (3,2%) e nel 2023 (3,6%)”.

La spesa governativa russa per la guerra – circa un terzo del bilancio federale o il 6% del PIL – è certamente un fattore trainante, scrive il rapporto, ma va a beneficio anche di molti altri settori. “La grave carenza di manodopera – conseguenza dell’invio di centinaia di migliaia di uomini al fronte e dell’emigrazione – sta facendo aumentare i salari e i consumi privati. L’industria delle costruzioni ha beneficiato in modo massiccio dell’espansione delle infrastrutture militari, di trasporto e logistiche verso l’Asia”.

Mentre il rapporto descrive una stagnante economia nell’Eurozona, i dati sulla produzione industriale di Germania e Francia, pubblicati il 5 luglio, mostrano un vero e proprio crollo. La produzione industriale tedesca è scesa del 2,9% a maggio rispetto al mese precedente, con un calo del 6,7% su base annua. I beni strumentali sono scesi più della media, con un meno 4%. La produzione nel settore delle costruzioni è scesa del 3,3% rispetto al mese precedente. L’industria automobilistica ha registrato una performance molto negativa, con un calo di oltre il 5% rispetto ad aprile. Gli ordini industriali sono scesi per il quinto mese consecutivo, con un calo dell’8,6% nel confronto anno su anno.

Un forte calo è stato registrato anche per la produzione industriale francese. Secondo i dati diffusi dall’Istituto nazionale di statistica, il calo è stato del 2,7% rispetto al mese precedente e del 3,9% su base annua. A fare peggio del previsto sono stati molti settori tra cui, come in Germania, la produzione automobilistica.

Per quanto riguarda l’Italia, in attesa dei dati sulla produzione industriale del nostro Paese, che saranno pubblicati dopo che sarà uscita questa newsletter, un rapporto del sindacato Fim-Cisl, presentato il 9 luglio, denuncia un letterale crollo del settore automobilistico. La produzione del gruppo Stellantis – unico produttore di auto rimasto in Italia – è crollata del 36% su base annua. Dei tre siti produttivi, solo Pomigliano, che produce veicoli premium, è rimasto a galla con un +3,5%, mentre Melfi e Mirafiori, dove si producono auto del segmento medio-utilitarie, sono crollati rispettivamente del 57 e del 63%.

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