Il Carry Trade Dollaro-Yen e perché la Banca del Giappone ha fatto marcia indietro

Come abbiamo riferito nell’ultimo numero (SAS 32-33), un aumento minimo dei tassi di interesse da parte della Banca del Giappone, dallo 0% allo 0,25%, è stato il fattore scatenante del crollo dei mercati azionari a livello mondiale all’inizio di agosto. Il fatto che una variazione così minuscola nel costo del denaro emesso da una banca centrale del G7 possa scatenare una crisi sistemica indica che il sistema è a dir poco disfunzionale. Diciamo che assomiglia al proverbiale ubriaco che sembra tenersi in piedi, ma basta una spintarella per farlo caracollare al suolo.

La mossa della BoJ ha infatti provocato il crollo del cosiddetto “dollar-yen carry trade”, un mercato speculativo multimiliardario che utilizzava denaro preso in prestito in Giappone a costo zero per investire in attività denominate in dollari. Un articolo del 7 agosto del Financial Times si avvicina alla verità, ammettendo che nessuno conosce realmente le dimensioni del carry trade con lo yen, ma che è enorme, forse nell’ordine delle migliaia di miliardi di dollari, e che i guai non sono finiti.

L’articolo riferisce che “il disfacimento globale del più grande ‘carry trade’ del mondo ha il potenziale per destabilizzare ulteriormente i mercati”, spiegando che “la raccolta di fondi a buon mercato in yen [si è] riversata su tutto, dalle valute dei mercati emergenti come il peso messicano, alle azioni di Taiwan, al settore immobiliare e ai titoli tecnologici statunitensi”. Gli hedge fund sono tra i maggiori speculatori nel carry trade.

Anche se il FT non si preoccupa di menzionarlo, quando si verifica un’ampia inversione di tendenza del flusso del carry trade, i Paesi in via di sviluppo e altri destinatari subiscono un’emorragia di fondi che può distruggerne l’economia. Un’ondata di fallimenti diventa una possibilità molto concreta.

Le turbolenze sono iniziate quando “la scorsa settimana la Banca del Giappone ha colpito il mercato con un aumento a sorpresa dei tassi d’interesse, con un forte riferimento al fatto che ci sarebbero state altre strette in futuro”, riporta il FT. Molte scommesse sono state costrette a disfarsi e Benjamin Shatil, stratega valutario presso la JPMorgan di Tokyo, ha dichiarato al quotidiano londinese che “la strada da percorrere è ancora lunga”. Osamu Takashima, analista valutario presso Citi, ha affermato che “l’attuale correzione è solo l’inizio della fine”. Nicholas Smith, chief Japan strategist di CLSA Securities, ha dichiarato che “le stime sulle dimensioni del carry trade dello yen variano, ma la maggior parte suggerisce diverse migliaia di miliardi di dollari”.

Le turbolenze sono cessate quando, il 7 agosto, il vicegovernatore della Banca del Giappone Shinichi Ushida ha annunciato che non ci saranno ulteriori aumenti dei tassi di interesse in un contesto di “instabilità dei mercati finanziari e dei capitali”. In altre parole, le banche centrali sono condannate a mantenere in vita la bolla finanziaria globale pompando sempre più liquidità nel sistema, pena il tracollo, aumentando così il potenziale iperinflazionistico che alla fine distruggerà il sistema stesso.