Le proteste nei campus scuotono l’establishment politico statunitense

L’esplosione delle proteste nei campus contro il sostegno degli Stati Uniti alle politiche di terra bruciata di Israele contro i palestinesi è proseguita lo scorso fine settimana durante le cerimonie di laurea in molte università.  L’aspetto più inquietante per gli amministratori delle università e i membri dei consigli di amministrazione è la persistenza della richiesta che le università rivelino dove vengono investite le loro ingenti dotazioni e che disinvestano dalle aziende del complesso militare-industriale e dalle imprese con legami con l’esercito e le multinazionali israeliane.  Il timore di essere costretti a rivelare il rapporto tra le istituzioni accademiche e la macchina da guerra ha portato i presidi a chiamare la polizia per disperdere gli accampamenti, arrestare ed espellere migliaia di persone, nel vano tentativo di mettere a tacere l’opposizione alla loro complicità nei crimini di guerra.

Le decisioni annunciate la scorsa settimana dalla Corte Penale Internazionale e dalla Corte Internazionale di Giustizia (vedi sopra), hanno senza dubbio galvanizzato gli studenti portandoli a protestare durante le cerimonie di laurea da una parte all’altra del Paese. Più di mille studenti hanno abbandonato la cerimonia di Harvard per protestare contro il rifiuto della scuola di consegnare i diplomi a tredici studenti che avevano manifestato, mentre i laureati dell’UCLA hanno applaudito una relatrice a cui è stato impedito di parlare ai compagni di laurea, con la scusa che il suo appoggio alle istanze di giustizia per i palestinesi fosse “antisemita”.

Le azioni degli studenti di Harvard sono state particolarmente preoccupanti per coloro che sono impegnati a reprimere il dissenso. Un grande striscione portato dagli studenti diceva “Harvard fuori dalla Palestina occupata”, un altro semplicemente “Stop al genocidio”. Molti sono scioccati, come ha detto un laureato, dall’intolleranza per la libertà di parola e per la disobbedienza civile nel campus.

Il patrimonio di Harvard, con 53,2 miliardi di dollari, è il più grande del Paese. Gli amministratori così come quelli della maggior parte dei circa 130 campus in cui si sono svolte le manifestazioni, hanno risposto negativamente alle richieste di trasparenza e di disinvestimento degli studenti,.

Per quanto i membri dell’establishment guerrafondaio che fanno parte dei consigli di amministrazione delle università temano di esporre quanto la loro istituzione sia integrata con la macchina bellica, il timore più grande è che la passione per la giustizia che anima i giovani ispiri l’attivismo della popolazione in generale. Politico riferisce che i membri del Comitato Nazionale Democratico (DNC) “sono sempre più preoccupati per le proteste”. Essi temono che “i fantasmi del 1968 possano infestare la convention di quest’anno” e si stanno coordinando con i servizi segreti e con il Dipartimento di Polizia di Chicago per evitare che si ripetano i disordini che quell’anno, a seguito delle proteste contro la guerra in Vietnam, condizionarono l’esito delle elezioni presidenziali .Ciò che dovrebbe preoccuparli non è che gli studenti “siano a favore di Hamas” e “antisemiti” – delle ovvie calunnie – ma il fatto che il sostegno di Joe Biden alla pulizia etnica della Palestina da parte degli estremisti israeliani stia isolando gli Stati Uniti e avvicinando il mondo a una terza guerra mondiale.